Con l’approssimarsi delle festività natalizie i gruppi ArtLab e Faber del Centro Mah,Boh hanno aperto un confronto su possibili lavori sul tema e la riflessione comune si è soffermata sul difficile periodo che stiamo attraversando a livello mondiale, a causa dei numerosi scenari di guerra diffusi in molte nazioni. Come è noto a livello statistico, il 90% delle vittime dei conflitti colpisce i civili e le nostre coscienze non possono accettare questa evidenza. Ispirandoci alla tradizione presepiale italiana, abbiamo lavorato su un diorama che avesse alcuni elementi tradizionali, ma che fosse priva di riferimenti religiosi, con l’intento di offrire un messaggio di denuncia sulla follia della guerra che potesse essere condiviso globalmente, indipendentemente dal proprio credo o etnia. La tradizione del presepe, ovvero la raffigurazione della nascita di Gesù, ha origini che risalirebbero all’epoca romana, attraverso la raffigurazione della scena della Natività nelle catacombe da parte dei cristiani. Nata in Italia, questa tradizione si è diffusa in tutte le comunità di confessione cattolica del mondo. La composizione presepiale così come la conosciamo oggi, con il passaggio dal pittorico al tridimensionale, si deve a San Francesco d’Assisi che per primo, nel 1223 realizzò una rappresentazione della Natività, mediante l’allestimento a Greccio, nel Lazio, di un presepe vivente. È però la settecentesca interpretazione del presepe napoletano che ha ispirato il lavoro collettivo del Centro Mah,Boh. In queste composizioni dell’epoca, la scena della natività, è circondata da strutture e personaggi all’interno di un panorama urbano che ricorda la Napoli del Settecento, costellata da numerose rovine di palazzi e templi greci e romani. Sono proprio le rovine di quei presepi ad aver stimolato in noi una riflessione su altre rovine, quelle causate dai bombardamenti attualmente diffusi in molti paesi del mondo. Abbiamo lavorato su un progetto che, ispirandosi come detto alle installazioni presepiali, vuole essere un invito alla riflessione sulla crudeltà della guerra ed è proprio per questo motivo che, in spirito di fratellanza tra i popoli, è stato scelto di non inserire simboli religiosi. L’allestimento, costruito quasi interamente con materiali riciclati, mostra lo scenario desolante di una città distrutta.
Attraverso questo lavoro collettivo abbiamo riflettuto su quanto basti poco tempo per ridurre in macerie ciò che è stato costruito dai popoli in molti anni. |
As the Christmas holidays approached, the ArtLab and Faber groups of the Mah,Boh Center opened a discussion on possible works on the topic and the common reflection focused on the difficult period we are going through worldwide, due to the numerous war scenarios widespread in many countries. As is known on a statistical level, 90% of conflict victims affect civilians and our consciences cannot accept this evidence.
Inspired by the Italian nativity scene tradition, we worked on a diorama that had some traditional elements, but was devoid of religious references, with the aim of offering a message of denunciation of the madness of war that could be shared globally, regardless of one’s belief or ethnicity. The tradition of the nativity scene, or the depiction of the birth of Jesus, has origins that date back to Roman times, through the depiction of the Nativity scene in the catacombs by Christians. Born in Italy, the tradition of the nativity scene has spread to all Catholic communities in the world. The nativity scene composition as we know it today, with the transition from the pictorial to the three-dimensional, is due to Saint Francis of Assisi who was the first to create a representation of the Nativity in 1223, by setting up a living nativity scene in Greccio, Lazio. However, it is the eighteenth-century interpretation of the Neapolitan nativity scene that inspired the collective work of the Mah,Boh Center. In these compositions of the time, the nativity scene is surrounded by structures and characters within an urban panorama reminiscent of eighteenth-century Naples, dotted with numerous ruins of Greek and Roman palaces and temples. It is precisely the ruins of those nativity scenes that have stimulated in us a reflection on other ruins, those caused by the bombings currently widespread in many countries of the world. We worked on a project which, inspired as mentioned by nativity scene installations, is intended to be an invitation to reflect on the cruelty of war and it is precisely for this reason that, in a spirit of brotherhood between peoples, it was chosen not to include religious symbols. The exhibition, built almost entirely with recycled materials, shows the desolate scenario of a destroyed city.
Through this collective work we have reflected on how little time is enough to reduce to rubble what has been built by people over many years. |